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Ecco i minutaggi dei temi principali trattati:
- 5′ La rivoluzione della responsabilità e della consapevolezza
- 8′ Invertire l’ordine gerarchico – funzionale
- 12’19” Potere e responsabilità in azienda
- 13’50” Il ruolo della paura nella leadership carente delle PMI
- 18’00” Le rappresentazioni sistemiche
- 25’56” La potenza distruttrice dei “non detti”
- 26’30” Trovare il posto giusto al momento dell’inserimento
- 38’16” Il mentoring e l’inserimento delle giovani generazioni
- 44’10” Quanto sono valutate le soft skills nel management?
- 45’33” Il CEO deve mettersi in discussione per primo
- 47’25” Come considerare l’AI nel futuro dell’azienda
- 50’35” Leadership femminile e maschile a confronto
Rivoluzionare l’azienda… in modo nonviolento
Abbiamo definito l’ospite di oggi “portatore di rivoluzione nonviolenta” in azienda, e c’è più di una ragione. Porre l’attenzione su consapevolezza e sostenibilità vuol dire richiamare le persone, soprattutto quelle nei ruoli di comando, a una responsabilità profonda del proprio operato.
Ancora oggi, a dispetto di tutte le chiacchiere sulla “leadership gentile”, nella maggior parte delle imprese vige ancora una leadership gerarchica, che comanda dall’alto in basso. Questo approccio considera le persone come fattori della produzione senza un’anima, come oggetti meccanici. In realtà, le persone sono qualcosa di complesso e in interazione continua con il proprio contesto.
Vedere il manager, o il leader, come persona che è responsabile della buona qualità dell’ambiente di lavoro è già ancora quasi rivoluzionario. Pensare che il manager debba essere al servizio del dipendente, del collaboratore in fondo alla catena, è addirittura sovversivo. Eppure, esempi eclatanti dimostrano che è proprio così che si ottengono prestazioni eccezionali. Soprattutto che si mantengono nel lungo periodo. Il che rileva tantissimo ai fini della sostenibilità.
Consapevolezza e sostenibilità
Per questo oggi parliamo di consapevolezza e sostenibilità: è la consapevolezza, sapientemente coltivata nella leadership aziendale, che permette di realizzare un ambiente di lavoro nel quale le persone rendono di più.
Sembra un discorso banale, ma non è affatto così. Gli esseri umani sono estremamente sensibili alla motivazione, allo scopo del proprio agire. Quando hanno la sensazione di poter contribuire al benessere del gruppo cui appartengono danno di più della loro intelligenza, della loro capacità creativa.
Oggi si blatera tanto di “purpose”, senza riflettere che anche in italiano c’è la parola “scopo” che significa la stessa cosa. L’uso di una lingua straniera permette di infilare dentro il “purpose” qualunque chiacchiera vuota, utile solo a fare marketing di bassa lega senza lavorare alla radice del tema.
A cosa serve l’esistenza della nostra impresa? Perché dovremmo dedicarci anima e corpo a trovare soluzioni, migliorare le nostre prestazioni, mettere passione ed entusiasmo nel lavoro? A quale miglioramento complessivo della vita nella nostra comunità contribuisce l’impresa? La risposta non può essere semplicemente scritta in poche righe: va “camminata” nel quotidiano e nell’essenza dell’attività. Con consapevolezza e sostenibilità, appunto.
Ognuno al proprio posto
Nella conversazione con Antonio D’Este emerge il potenziale delle rappresentazioni sistemiche, una tecnica che unisce Gestalt, costellazioni familiari e altri approcci. Con queste tecniche è possibile rivelare i “non detti” all’interno dell’organizzazione, bombe a orologeria che sabotano silenziosamente la performance. Oltre al benessere delle persone.
Ma l’approccio sistemico che guarda le persone nella loro complessità serve anche a trovare a ciascuno il proprio posto. Cosa significa? Ogni persona è unica, irripetibile e ha caratteristiche e predisposizioni originali. Molto spesso le persone vengono incaricate di ruoli e prestazioni che non corrispondono pienamente al loro potenziale individuale. Questo può limitarne grandemente il rendimento e la capacità di contribuire allo sforzo collettivo dell’impresa verso i risultati.
Persone che rendono meno perché “fuori posto” possono comportare costi molto elevati. Per esempio, perché il rendimento ridotto costringe ad assumere qualche collaboratore in più a parità di produttività. Nulla di colpevole, s’intende: il fatto è che ciascuno di noi ha predisposizioni innate che lo rendono più adatto a certe attività e ruoli più che ad altri.
Ecco, l’approccio sistemico permette di focalizzare quali mansioni, ruoli o attività sono più adatte a ciascun collaboratore, permettendogli di rendere al massimo. E di lavorare in condizioni migliori, con maggior facilità e soddisfazione. Una bella soluzione win win, come piace a noi.
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