La sostenibilità per generare maggior Valore. Sembra un concetto un po’ stanco, ormai, all’inizio del 2021. Come mai noi di Exsulting Lo presenteremo il 28 Gennaio prossimo (registrati al Webinar gratuito qui) come una importante novità?
Filantropia e ISO 26000:2010
Tranquillo caro lettore: non facciamo una dissertazione sociologica. Sappiamo che non hai tempo. Vogliamo solo ricordare che il concetto di responsabilità sociale d’impresa, non nuovo, ha subito per decenni ormai una grande confusione. Infatti, esso si confonde troppo spesso con quello di beneficenza, o di filantropia “corporate”. Nemmeno la chiarezza cristallina della ISO 26000:2010 è riuscita a dissipare completamente questa confusione. In questa Linea Guida si stabilisce con chiarezza alla clausola 3.3.4 che la filantropia e la responsabilità sociale d’impresa non sono la stessa cosa. In particolare la prima “non può essere utilizzata come sostituto della seconda”. Possiamo dire che al giorno d’oggi si sia completamente smesso di confondere la responsabilità sociale d’impresa con la filantropia, con “l’essere – o apparire – buoni”? In tutta sincerità, no.
Sviluppo Sostenibile e Sostenibilità nelle Linee Guida ISO
Il pilastro riconosciuto della RSI che è la ISO 26000:2010 chiarisce molto bene qual è la responsabilità sociale di un’impresa. È contribuire allo Sviluppo Sostenibile. Lo Sviluppo Sostenibile ha l’obiettivo di realizzare la Sostenibilità (ISO Guide 82:2014). La Sostenibilità è lo stato di un sistema nel quale i bisogni del presente vengono soddisfatti senza pregiudicare la possibilità delle prossime generazioni di soddisfare i propri.
Abbiamo finito con le definizioni. Premeva sottolineare come la Sostenibilità sia un obiettivo finale per tutto il sistema, non solo per le imprese. Da questo punto di vista, è evidente che la sostenibilità di un’impresa risiede nella sua capacità di generare Valore per il sistema. Sicuramente non può distruggere Valore. Vedremo in seguito come onorare questo compito sia un impegnativo gioco d’equilibrio, gravido tuttavia di soddisfazioni.
Stewardship, il buon governo dell’ambiente.
La prima definizione accademica della Sostenibilità fu data dal nostro Direttore Scientifico, il prof. Robert B. Pojasek, PhD nel 2012. In essa viene usato per la componente ambientale il termine “environmental stewardship”. È sempre difficile traslare concetti complessi da una lingua all’altra. Tuttavia, la traduzione più prossima di “stewardship” è “custodia”, ovvero l’amministrazione diligente in luogo del padrone. Senza riandare ai Vangeli o ai personaggi di Tolkien, secondo i gusti, il buon custode è colui che amministra facendo fruttare il bene del padrone. Lo custodisce intatto e fruttifero fino al suo ritorno.
Nel caso del rapporto con l’ambiente delle attività umane la responsabilità è appunto quella di mantenere l’ambiente in un equilibrio duraturo. Tale da permettere alle future generazioni di soddisfarci i propri bisogni. E ad altri dopo di loro, perché alle “future generazioni” non ci sia limite.
Alle imprese, alla loro intelligenza, capacità tecnologica e intraprendenza, il compito di sapere quanto è disponibile nel contesto naturale limitato costituito dalla Terra e prenderne di conseguenza. È del tutto ovvio che solo le risorse rinnovabili possono essere prelevate da un sistema chiuso, e poi rigenerate. Qualcosa di non rinnovabile potrà essere preso e poi una volta preso, riciclato all’infinito. Preso, s’intende, senza alterare in modo definitivo equilibri di sistema. Diversamente, saremmo in presenza di una distruzione di Valore. Ciò non è ammesso né dal concetto di sostenibilità né dalla logica.
Valore Sociale condiviso
Considerando la Sostenibilità per generare maggior Valore, bisogna certamente guardare anche alla componente sociale. Valore sociale che, nella definizione del prof. Pojasek, deve essere “condiviso”. Ci limitiamo qui a spezzare una lancia a favore di una lettura evoluta del concetto. Non genera Valore sociale solo donando soldi o contribuendo in qualche modo a sostenere cause umanitarie o associazioni di volontariato. Non c’è nulla di male in questo, ma si tratta sempre di attività marginali, che non toccano il “core business” dell’impresa.
La domanda chiave da porre all’impresa è: come realizzi gli utili che poi distribuisci in iniziative filantropiche? Anni fa, chi scrive queste note ebbe ad affermare che l’organizzazione che destina le maggiori risorse alla RSI, lo fa con la maggiore efficienza e raccoglie il maggior consenso sociale è la mafia. Una provocazione, certo, ma fu interessante la chiacchierata dopo la conferenza con il Capo della Polizia, che confermò l’esattezza della lettura. In un sistema sostenibile, l’impresa non dovrebbe sostituirsi al “pubblico” per erogare servizi sociali. Parimenti, in un sistema sostenibile, non ci sarebbero emergenze sociali che necessitano di filantropia.
Valore Sociale nel “core business”
Dunque il Valore Sociale condiviso l’impresa lo deve realizzare nel fornire servizi e prodotti utili alla società come “core business”. È impiegando le proprie risorse e l’intelligenza delle proprie persone adeguatamente motivate che l’impresa sviluppa questi prodotti e servizi. E riesce a realizzarli con il miglior grado di efficienza. Proprio perché deve soddisfare anche gli altri due pilastri della sostenibilità. Economico e ambientale. Efficienza massima nell’uso delle risorse dell’ecosistema, preservandolo per il futuro. Efficienza massima nell’uso delle risorse economiche, perché essa deve rimanere sostenibile autofinanziandosi nel lungo periodo.
Studiando l’evoluzione delle imprese più avanzate verso la sostenibilità è affascinante vedere come alcune di esse svolgano attività di grande interesse sociale realizzando giusti profitti. Ne parleremo nell’imminente webinar del 28 Gennaio. E vedremo così come utilizzare la Sostenibilità per la generazione di maggior Valore.
Prosperità economica: sostenersi da sé
Come abbiamo avuto modo di sottolineare recentemente, la Sostenibilità costituisce la migliore gestione dell’incertezza nel contesto operativo dell’impresa. Cosa significa? Ogni attività umana si svolge all’interno di un contesto. Questo terreno di gioco è per definizione incerto in moltissime sue variabili. Il management deve navigare al meglio questa incertezza al fine di mantenere la capacità dell’impresa di raggiungere i propri obiettivi.
Tra questi vi sono la possibilità di pagare giusti salari e stipendi, di remunerare adeguatamente il capitale investito dai soci o investitori. Ma vi è anche di pagare regolarmente i fornitori, di generare un flusso economico a monte e a valle della Catena del Valore del quale beneficiano una moltitudine di soggetti. E poi pagare le giuste tasse, possibilmente in modo semplice e trasparente. È il contributo dell’impresa sana all’economia di una società.
Un’impresa che mettesse al centro della propria responsabilità sociale la filantropia sbaglierebbe missione. Si impoverirebbe e, alla fine, dovrebbe ricorrere o a sussidi economici pubblici oppure al fallimento. Nel primo caso drenerebbe Valore dalla comunità. Nel secondo, nel migliore dei casi, cesserebbe il suo contributo positivo al benessere comune. Ancora distruggendo Valore.
È quindi responsabilità dell’impresa mantenere in equilibrio, come un abile giocoliere, le tre responsabilità mentre svolge la sua attività principale. Se avrà un surplus di profitti potrà investire ulteriormente nello sviluppo di processi e prodotti più rispettosi dell’ambiente, che meglio soddisfino i bisogni della società. Se avrà esposto i suoi soci a un maggior rischio nel perseguire i propri obiettivi, remunererà questo rischio più generosamente.
Mondo da fiaba o lungimiranza? Il Greenwashing in crisi
Quello che abbiamo appena descritto potrebbe sembrare un mondo da fiaba, eppure non è così. Ci sono già imprese, piccole medie e grandi, che praticano questo approccio alla loro gestione industriale e strategica. Basta seguire un po’ la pubblicistica specializzata e gli studi dei maggiori centri di ricerca per accorgersene. La “linea guida” per mantenere un equilibrio sano si chiama Etica. Ed è un Valore in rialzo, checché se ne dica.
Certo, c’è tanto greenwashing in giro, ma diventa sempre più difficile nasconderlo. C’è un elemento molto forte oggi a favore di un impegno concreto: la “trasparenza radicale”. Così la chiamano Chris Laszlo e Nadia Zhexembayeva nel loro magistrale saggio “Embedded Sustainability”. Oggi il pubblico dispone di mezzi di accesso alle informazioni che rendono costosissimo e rischiosissimo il greenwashing. Ci sono ancora tante imprese che scelgono di tentare il colpo della manipolazione. Ma questo accade proprio a quelli che sono ancora legati al vecchio paradigma della (cosiddetta) sostenibilità. Questo comportava che essa venisse vista esclusivamente come un elemento di comunicazione d’impresa verso i suoi clienti. L’obiettivo era cercare di catturare il favore generico di un pubblico “sensibile” a certi temi. La sostenibilità, come la CSR o Responsabilità sociale d’impresa era vista come un costo in più della funzione marketing.
Il nuovo paradigma
Ed eccoci alla sostenibilità per generare maggior Valore, il nuovo paradigma.
Qui si tratta di massimizzare l’equilibrio tra i tre pilastri. C’è alla base la consapevolezza che ogni processo aziendale deve rispettare questo equilibrio. Per fare un esempio: generare un rifiuto costa sicuramente in termini di smaltimento dello stesso. Ma prima di tutto è uno spreco di risorse aziendali. Vuol dire che ho comprato del materiale, l’ho trasformato usando energia e forse altri materiali, poi lo getterei. Pagando ancora per smaltirlo. Una follia!
Usare la sostenibilità come strategia industriale significa considerare questo rifiuto come l’output di un processo. Analizzare il processo, verificare che il processo e gli altri suoi output siano necessari per generare il Valore principale, il servizio ai bisogni. Questa è la domanda primaria. Essa parte da una riflessione profonda sulla ragione d’essere dell’impresa.
La ragion d’essere dell’impresa
Quali bisogni soddisfa? Quali servizi rende? A cosa servono i suoi prodotti? Quale Valore genera? Distrugge per caso Valore da qualche parte della Catena? Da lì si parte, perché generare Valore per il sistema è l’obiettivo che ne giustifica l’esistenza e che bisogna soddisfare nell’equilibrio tra i tre pilastri.
Poi si va a studiare modi diversi di generare il Valore principale, cioè fare innovazione di prodotto/servizio e/o processo. Si guarda al ciclo di vita, e si considerano le esternalità, poiché si usa il pensiero sistemico. L’impresa che produce distruggendo risorse non rinnovabili e generando rifiuti non riciclabili (a bilancio energetico positivo) distrugge Valore. Questa distruzione tornerà indietro: sarà in termini di eventi ambientali o climatici, costi sanitari dalle conseguenze del danno all’ecosistema (vedi Covid), di un impoverimento della società nella quale deve prosperare, disagio sociale e instabilità… In pratica aumento dell’incertezza e della probabilità che essa incida sugli obiettivi aziendali. Il fatto di vivere in un sistema chiuso fa sì che ogni azione abbia un impatto sull’insieme. Esserne indenni è un’illusione.
Nuovi modelli di business, nuovi obiettivi
Abbiamo appena accennato sopra i vari aspetti che comporta guardare alla sostenibilità per la generazione di maggior valore. Il campo è vasto, impossibile esplorarlo tutto in questo spazio. Impossibile anche ragionarci più di tanto in astratto, fuori da un contesto reale d’azienda. La sostenibilità integrata è soprattutto molto pragmatica e concreta e deve entrare nel caso specifico in profondità.
Quello che possiamo fare qui, e così concludiamo, è aprire orizzonti di riflessione e creatività. Ragionare in termini di sostenibilità per la generazione di maggior valore significa pensare nuovi modelli di business, nuove forme d’impresa. Significa vedere i limiti di un contesto come opportunità. Significa essere presenti alle sfide del tempo in cui vive l’impresa, assumere l’onere di considerare l’impatto delle proprie attività in modo onesto e realistico. E da questo costruire nuove prosperità sulla base dell’etica e della responsabilità.
Il bello di questo “sogno”, è che i numeri ci danno ragione. Uno studio molto interessante realizzato dall’Harvard Business School nel 2015 (Khan, Mozaffar N., George Serafeim, and Aaron Yoon. “Corporate Sustainability: First Evidence on Materiality.” Harvard Business School Working Paper, No. 15-073, March 2015) mostra una performance annuale delle imprese con modelli di business orientati alla sostneibilità integrata quasi 9 punti migliore di quelle orientate al solo profitto.
Non servono altre parole.
Ci vediamo il 28 Gennaio al webinar “Sostenibilità Integrata per la generazione di maggior Valore” per sentirne di più da protagonisti della transizione al nuovo paradigma.